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al testo di Federico Corrado Camporeale
Caraibica
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A Trinidad e Tobago il pesce angelo regna negli anfratti sommersi della barriera. Poco più di una spiaggia quest'isola, sabbia accecante, è il punto di riferimento per osservare gli squali. Baie nascoste dove i pirati nel XVIII secolo nascondevano tesori e cercavano rifugio dopo le scorrerie, acqua cerulea a tratti oscurata da banchi di pesci colorati, buona per giri di chiglia e messa ai ferri. Veloci come pensieri i riflessi si staccano e si ricongiungono nelle vene più profonde tra acque e sabbie arrossate dal corallo. Squali nuotano tranquilli, l'occhio roteante, aerodinamici e sicuri con brevi movimenti delle pinne, inoffensivi all'apparenza mansueti; ma basterebbe una sola goccia di sangue o l'incauto agitarsi tra i flutti per risvegliare il famelico istinto del mostro divoratore; macchina infallibile meccanismo frenetico fatto per schiantare, bocca dalle multiple dentature, spezzare, frangere la molle materia stroncare vite, dilaniare, ingoiare velocissimo dentro un'implacabile follia.
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